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Minacciò la sorella con la roncola: 3 mesi – Pescheria di via Tirso – Tortolì

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NUORO. “Tuffu vs Tuffu”. Si è concluso con una condanna a 3 mesi, oltre il pagamento delle spese processuali e un risarcimento danni, il processo a carico di Tonino Tuffu (difeso dall’avvocato Michele Pala), accusato di minacce aggravate dall’uso di una roncola, nei confronti di una sorella, Gesuina (parte civile con l’avvocato Gianfranco Mattana), che si era recata in un terreno di famiglia, ancora indiviso, nelle campagne di Sa Mendula. Quanto chiesto dal pm Ireno Satta che ha aperto la requisitoria ritenendo provata, alla fine dell’istruttoria dibattimentale, la responsabilità dell’imputato. «È chiaro come si siano svolti i fatti il 7 novembre 2015. L’imputato ha poggiato la roncola sul collo della sorella Gesuina per farla andare via e non permetterle di raccogliere le olive, in quel terreno ancora indiviso. E se il racconto della parte offesa – ha aggiunto il pm – è coerente con quello del marito che, seppur stando male, era sceso dalla macchina per andare in difesa della moglie, ciò che racconta l’imputato, invece, non corrisponde al vero. Se anche fosse certo che Tuffu teneva in mano la roncola per liberare il passaggio dalle frasche, è sicuro che in quella occasione ne aveva fatto un uso sbagliato». Alle richieste dell’accusa si è associata la parte civile. L’avvocato Gianfranco Mattana, davanti al giudice Alessandra Ponti, ha sottolineando la deposizione chiara, lineare e coerente della parte offesa. «Dopo i fatti – ha detto il difensore – la sorella ha cercato di comporre la situazione anche facendo intervenire il prete. Non c’è un dato oggettivo che possa considerarla poco credibile. Il fatto che ci sia una diatriba familiare è pacifico e basterebbero le dichiarazioni delle persone offese per stabilire la penale responsabilità dell’imputato. Che ragione aveva Gesuina Tuffu di calunniare il fratello? – ha aggiunto il legale –. Il fatto narrato in aula, nonostante il tempo trascorso, è rimasto coerente. La donna si era recata in quel podere su indicazione della madre, e per sua volontà doveva valutare lo stato di maturazione delle olive. L’imputato per ragioni sue, riteneva che in quel podere non si potesse accedere prima delle divisioni. Ha pure negato di aver poggiato l’arma sul collo della sorella nonostante l’intervento del cognato. La donna dopo quell’episodio non aveva più messo piede nel terreno». Opposta la ricostruzione della difesa che ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. L’avvocato Pala nella sua arringa ha ritenuto inattendibile la deposizione della donna che da quell’episodio non ha subito alcuna conseguenza.

«La querela presentata tardi – ha detto il legale – voleva essere strumentale, così come l’incontro col prete. Se Gesuina Tuffu avesse avuto paura del fratello con la roncola in mano, non si sarebbe avvicinata».

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