NUORO. Non solo poeta, e che poeta! Ora riemerge anche il grande affabulatore maestro di penna e di parola quel era, ironico e sferzante, arguto e pungente. Sempre e comunque innamorato della sua lingua e della sua gente. È l’altra faccia di Frantzischinu Satta che viene fuori a venti anni esatti dalla sua morte. Come fosse, la ricorrenza, una celebrazione intima e profonda che regala al cantore di Nuoro, e soprattutto ai lettori, di ieri di oggi e di domani, un sogno che lo stesso Frantzischinu, classe 1919, teneva caro nel cassetto: raccogliere e pubblicare i suoi racconti, scritti rigorosamente in nugoresu berteru e ambientati nella sua amata città, paradigma di un mondo tanto piccolo quanto universale. “Contos e cantos” è il titolo che mette insieme questi inediti di Franzischinu Satta e che Pettirosso editore ha da poco mandato in libreria (176 pagine, 15 euro), dando giustamente spazio e omaggio anche a una quarantina di poesie armonizzate, da “Ispadas de sole” a “Ambos in s’artare”.
Presentazione e contributi introduttivi firmati da Cristoforo Puddu, Alessandro Catte e Mariantonietta Piga, “Contos e cantos” svela così l’altro Frantzischinu: il ragazzino che a 14 anni lavorava (“dischente”) nella bottega del falegname tziu Chischeddu, mastru de linna. «“Tue ses galu pitzinnu” mi nabat (…) Fipo minore solu pro mi pacare; pro facher sas fainas e sos imperjos, no». L’aspirante artigiano, insomma, doveva trottare senza aver in cambio neanche un soldo. Questo racconta in prosa (“Su pane gutiau”) il poeta di Nuoro svelando tratti autobiografici rimasti finora sotto traccia. Davvero esilarante e succulento su contu de “Don Bobore e su cane”: è il caso di un bell’uomo ricco e «meda cresiàsticu» gabbato da «unu tzertu Milianu» che tanto ricorda le sottilissime astuzie popolari di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. Da gustare “Sa prima sigareta”: «“Le’, pipa!”. Dego l’ispingo sa manu: “No! No nde cherjo! Pipatila tue. Dego no isco pipare!”. In cuche si nche cheriant»: un passaggio centrale, una vera e propria cesura adolescenziale, con tanto di prese in giro e conseguenti ritorsioni. Visionario e precursore, Frantzischinu Satta narratore riesce persino ad anticipare i tempi con diverse pennellate sociologiche: «Tantos annos fachet unu tzertu Rousseau aiat nau chi chin su progressu pejorant sos afetos, sos sentimentos» scrive in “Chentu francos” sottolineando che per andare in America «prima bi poniabamus baranta dies; como nch’arribamus in ses oras». Una manciata di tempo, tanto basta anche per perdere certe tradizioni secolari, usi e costumi di intere generazioni che il poeta ricorda e inquadra in “Sos sete fochiles” e “Su focu ’e Sant’Antoni”. “Tzia Nannedda”, “S’istrada”, “Pitzinnos de como”, “Una femina meravilliosa” confermano questa sua passione per la gente di Nuoro, osservata e fotografata sempre con un occhio di particolare riguardo nei confronti dei ragazzi. Non poteva essere diversamente per un grande poeta affabulatore che è stato anche uno stimato e indimenticato mastru ’e iscola, maestro elementare.
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