NUORO. «Il padre l’ha portato in Belgio con l’inganno, io non vedo mio figlio da quattro mesi». È l’appello disperato di una mamma barbaricina che dal 15 luglio scorso cerca il suo bambino di appena 6 anni, portato via con l’inganno dal padre di origini sarde ma residente in Belgio. Quella che doveva essere una semplice vacanza con il padre, si è trasformata invece in un incubo che sta tormentando la vita del bimbo e di sua madre, che dal 30 luglio non ha più notizie del piccolo. È la classica storia di una relazione tormentata e di figli usati come arma di ricatto. Tutto ha inizio quattro anni fa quando la coppia a causa di gravi vicissitudini familiari decide di separarsi costringendo la giovane mamma, da tempo residente in Belgio insieme al marito, a ritornare nel suo paese natale, in Sardegna, con il figlio di appena due anni. È qui che ha inizio una lunga vicenda giudiziaria che vede da un lato il padre pretendere l’affido del minore radicando una causa davanti al tribunale belga e la mamma che cerca in tutti i modi di non perdere il proprio figlio. «Stiamo parlando di una vicenda al limite dell’incredibile – spiega l’avvocatessa Monica Murru, a cui è stata affidata la difesa della madre e del minore –. Ciò che mi lascia attonita è l’indifferenza di uno Stato verso un minore che viene trattato come un pacco, un oggetto inanimato e nei confronti di una madre che gode dell’affido condiviso del figlio, ma che nei fatti non ha diritto a nessuna tutela d’urgenza anche se l’altro genitore le impedisce di vedere il proprio figlio – sottolinea l’avvocatessa nuorese –. Attualmente la madre si trova a Mons per cercare un contatto con il bambino che precisiamo, non vede da mesi. Dall’Italia stiamo cercando di fare tutto il possibile per far sì che i diritti di questo povero bambino e di sua madre vengano rispettati ma ogni volta ci scontriamo contro un muro di gomma. Oggi capisco perché tanti bambini rapiti non tornano più a casa: tutti i provvedimenti si fermano alla frontiera italiana e non si può fare altro che rimanere impotenti di fronte a una situazione delirante e fortemente pregiudizievole per i minori coinvolti». Conseguenze psicologiche riportate anche nelle numerose relazioni redatte dalla neuropsichiatra infantile Franca Carboni che nella fattispecie parla di una «difficile costruzione per il bambino di un progetto di vita che si basi su solide certezze». «Il negare tutto ciò a un bambino significa non considerarlo portatore di diritti e cioè pensare che si possano sospendere i tempi della vita aspettando che la crescita lo renda potente nel rivendicarli – spiega la dottoressa Carboni –. La gravità di tali vicende perpetrate su un minore incapace di difendersi e tutelarsi di fronte a queste esperienze è palese a tutti anche senza le interpretazioni psicodinamiche e le motivazioni del rischio psicopatologico insito in un vissuto così lacerante e drammatico. Confido in un fattivo intervento degli organi preposti al fine di riconoscere ai bambini il diritto di avere diritti e di essere tutelati nella loro crescita serena». Allo stato attuale la situazione pregiudizievole del bambino e il suo pericolo alla salute è stato portato anche all’attenzione del Tribunale dei minori. «In settimana verrà presentato un ricorso d’urgenza in Belgio, stante le pesanti ripercussioni della vicenda sulla salute del bambino il cui benessere psicofisico risulta essere fortemente compromesso: il bambino presenta un forte dimagrimento, un blocco della crescita e chiari segnali di rabbia tristezza e ansia». Nei prossimi giorni verrà aperta una raccolta fondi dove potranno essere versate le donazioni che permetteranno alla mamma, che ha dovuto licenziarsi, di affrontare le spese giudiziarie in Belgio, dove attualmente si trova.
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