MACOMER. «Non ci stupisce che, alla vigilia della nostra manifestazione, il sindaco di Macomer, insieme al prefetto di Nuoro, si siano prodotti nell’ennesima operazione di disinformazione, tesa a fingere che il Cpr sia una struttura normale, rispettosa dei diritti umani, e a ricondurre ogni dibattito verso l’indifferenza e il silenzio». È una premessa che marca una distanza siderale ed imprime un giudizio senza appello, quella contenuta nel documento sottoscritto dalle associazioni che, lo scorso fine settimana, sono tornate in piazza per chiedere la chiusura del Centro di permanenza per migranti di Macomer e che oggi controbattono alle dichiarazioni del prefetto rese pubbliche dal sindaco di Macomer. Alla gestione «in piena conformità alle normative e alle direttive» descritta da sindaco e prefetto, Assemblea No Cpr, Asce Sardegna, Eutopia, Fridays for Future Sardegna e LasciateCIEntrare contrappongono la natura del Cpr stesso, inquadrandolo come un luogo che «di per sé è una violazione della dignità umana, a prescindere dai modi in cui viene gestito», dove si rinchiudono «persone che non hanno commesso alcun reato». Un sistema basato su «una violenza strutturale», sul quale si preferirebbe far calare il silenzio, rimuovendo o offuscandone l’esistenza dall’immaginario collettivo: per le associazioni il tentativo di “normalizzazione” di quei luoghi è però irricevibile. Per questo, per gli attivisti «non hanno senso le rassicurazioni provenienti da sindaco, prefetto, e comandanti delle forze di pubblica sicurezza, che sono parti in causa nella collocazione e gestione del Cpr. Idem – insiste un comunicato firmato dai rappresentanti delle diverse sigle, Edoardo Lai, Filippo Kalomenidis e Simona Loddo, Luca Pirisi e Francesca Mazzuzzi – per un comitato di controllo costituito per la gran parte da quelli che dovrebbero essere i controllati. Una visita di una parte (il sindaco), motivata politicamente a sostenere che vada tutto bene, accompagnata e controllata dagli enti istituzionali direttamente implicati nella gestione del Cpr, che valore può avere?». Ed qui che si focalizza l’attenzione: «L’ingresso di persone che si sospetta possano avere un approccio critico rispetto alla gestione del Cpr è costantemente reso impossibile. Così è stato per i giornalisti, così è per tutte le associazioni della società civile che non accettano di essere parte del sistema Cpr. Le notizie che ci arrivano descrivono un contesto che offre minori garanzie del carcere: difficoltà ad interloquire con gli avvocati e con l’esterno, assistenza sanitaria carente e di scarsa qualità, atti di protesta di autolesionismo». Un quadro completamente diverso insomma da quello restituito dall’intervento del sindaco Succu, al quale le associazioni aggiungono che non corrisponde al vero quando si dice che dalle visite ispettive degli organi indipendenti risulta che le cose siano in ordine. «Macomer è citata nel rapporto del Garante nazionale dei detenuti».
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